I dati emersi dalle indagini geo-archeologiche, effettuate da DICES e UNIMIB nell’area antistante il promontorio del Castello, e la georeferenziazione dell’area stessa tramite fotogrammetria, realizzata dal DIMEG, sembrano confermare le ipotesi del progetto, ovvero la presenza fino a qualche secolo fa, di due isolotti, poi sommersi. La presenza di questi isolotti fu registrata nelle fonti cartografiche di età moderna e medievale, tra cui il Kitab i-bahriye del marinaio e cartografo ottomano Piri Re’is, redatto nel 1521 e frutto della sua personale esperienza di navigatore nel Mediterraneo.
Risultati
Le indagini subacquee dirette hanno evidenziato il proseguimento verso mare del promontorio roccioso di Le Castella e il locale affioramento di roccia calcarea di età pleistocenica, analoga agli strati visibili lungo la costa. Hanno inoltre documentato, ad una profondità di 5-10 m, la presenza di estesi banchi di materiale litico estraneo alla litologia del fondale, quindi trasportato dalla terraferma e ora disposto in cumuli o secondo alcuni allineamenti, a dimostrazione dell’intervento diretto dell’uomo su quella che un tempo era una porzione emersa del fondale.
Le analisi effettuate contestualmente dall’ISPRA, relative allo stato di salute della vegetazione marina nell’area, non hanno permesso invece di confermare la possibile correlazione con i relitti geologici delle due isole, tuttavia sono state ritrovate vaste praterie di Posidonia Oceanica. Spesso scambiata erroneamente per un’alga la Posidonia Oceanica è una pianta di elevato valore ecologico, infatti le praterie di questa pianta costituiscono uno degli ecosistemi marini più importanti e biodiversi del Mediterraneo, agendo anche come “polmoni blu” del mare.